Efficienza Didattica
Quinta tappa: empatia seconda parte |
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Abbiamo visto nei primi dodici anni del figlio come si è evoluto il rapporto con i genitori: a livello sensitivo ed emotivo la conoscenza vicendevole degli atteggiamenti come manifestazione dell’animo; a livello dei sentimenti l’amore radicale verso i genitori ottenuto attraverso i continui contrasti emotivi (capricci) che gli hanno permesso di sentirsi al sicuro di fronte ad ogni difficoltà; a livello intellettivo la comprensione delle norme che regolano ogni azione, l’accettazione dei doveri, la divisione dei ruoli e verso i nove, dieci anni l’inizio di una visione di sé (autostima) rispetto agli altri. Da parte dei genitori è avvenuta una corrispondente evoluzione: accettazione radicale di un mondo sensitivo, come espressione di una individualità; l’adattamento alle espressioni caratteristiche del figlio, accettando il suo mondo interiore, divenendo così il punto di assoluta sicurezza per il figlio; la conoscenza delle capacità del figlio, delle difficoltà che incontra, assumendo la responsabilità del ruolo educativo nella valorizzazione del figlio nel suo inserimento sociale. Sono cambiamenti che avvengono in forza dell’empatia, la comunicazione vicendevole di due mondi che si amano. Sono cambiamenti vissuti, non sempre coscienti. Dai dodici, tredici anni comincia per il ragazzo una maturazione contemporanea nei tre i livelli (emozioni, sentimenti, ragione) che lo travolge, ma gli permette di trovare una sua identità. I cambiamenti saranno rivolti al mondo esterno, ma il rapporto con i genitori sarà determinante. Importanti divengono anche i coetanei e la comunità. Per trentacinque anni ho vissuto con i ragazzi di questa età, come insegnante, e ho constatato l’esigenza profonda da parte dei figli dell’aiuto dei genitori, proprio nel periodo in cui i genitori si sentono esclusi dai figli ed entrano in crisi su come devono comportarsi. È una situazione naturale e logica, perché il ragazzo deve rendersi autonomo, passando da una dipendenza accettata (fino a undici anni i ragazzi ammettono che sia giusto che i genitori li puniscano quando non ubbidiscono), ad un’indipendenza costretta dai cambiamenti che avvengono nel suo mondo interiore. Si instaura un rapporto di confronto che durerà finché il ragazzo non si sentirà sicuro di sé, allora inizierà il dialogo con i genitori. Nel confronto l’emotività e i sentimenti s’infuocano e provocano cambiamenti profondi. La capacità di comprendersi vicendevolmente, accettando la trasformazione del proprio mondo in funzione della crescita dell’altro è l’elemento determinante. A dodici, tredici anni lo sviluppo sessuale produce nel ragazzo notevoli cambiamenti sia corporei che emotivi. Egli vive questo periodo con stati d’animo alterni di gioia, di paura e di ansia. Il ragazzo subisce i cambiamenti, perché nulla può fare e, anche se i genitori tentano di rasserenarlo, dicendo che sono cambiamenti naturali, anzi molto importanti per la sua vita, vive ogni giorno in attesa di ciò che avverrà. L’insicurezza e la spavalderia sono le caratteristiche più evidenti di questo periodo che è confuso e teso, perché l’emotività predomina: le cotte bruciano, ma passano velocemente e lasciano una cicatrice che rimargina facilmente. Sono esperienze emotive con l’altro sesso che, attraverso la memoria del vissuto, avviano al sentimento dell’amore. La comunicazione del proprio mondo così agitato, ma anche esaltante, richiede la partecipazione dei coetanei che sperimentano le stesse emozioni. Sono come due cariche elettriche diverse che si incontrano e tendono a fondersi insieme. L’amicizia del preadolescente è esclusiva, non accetta tradimenti, assorbe tutte le energie. È dominata dalle emozioni, come le cotte, più che da un sentimento. È un passaggio necessario, che lascia poi posto ai veri sentimenti. Le vere amicizie si formano dopo i quattordici, quindici anni, quando c’è la possibilità non solo di sfogarsi, ma anche di complottare insieme, di vivere passioni ed esperienze comuni. All’inizio è il grande gruppo che favorisce le esperienze, limitando il peso della responsabilità delle scelte che necessariamente cominciano ad essere prese, poi il piccolo gruppo in cui ognuno avverte di più il valore delle scelte, osservandone le conseguenze che ne derivano. L’amore pretende già una sicurezza di sé, perché nella mente di chi ama deve esserci la libertà del dono. Il cambiamento determinante di questa età, anche se non viene ben considerato, è quello intellettivo: il ragionamento, la capacità di pensare con la propria testa. Il ragazzo ha compreso che la vita è fondata su regole, ma si accorge (spinto dalle nuove emozioni e dai sentimenti) che esse cambiano a secondo delle situazioni. Perché tornare all’ora fissata dai genitori, se ci si trova con amici, che non possono danneggiare, anzi fanno stare molto bene? Vengono messe in dubbio tutte le imposizioni dei genitori, non perché essi abbiano perso la loro autorità, ma perché non possono capire le loro esigenze: hanno vissuto una realtà diversa. I ragazzi sono sinceri in questi loro ragionamenti, perché le emozioni e i sentimenti, così esplosivi in loro, li spingono a nuove esperienze e hanno bisogno di verificare di persona i risultati. Come possono capire quando le scelte sono sbagliate se non ne fanno esperienza? I genitori portano loro gli esempi vissuti nel passato, ma è come chi siede alla destra del guidatore che vede le strade che si fanno, ma non le memorizza, perché non ne ha la responsabilità. Quando prende in mano lui il volante le cose cambiano: le scelte che lui fa, portano a delle conseguenze e quindi vengono ben memorizzate. Anche l’essere guidati da chi è di lato, come i genitori cercano di fare con i figli di questa età, diminuisce l’efficacia della scelta e quindi la presa di responsabilità. L’età del confronto tra figli e genitori. Il momento è critico, ma necessario per la maturazione. Il confronto è indispensabile. Io parlo dell’educazione del “rosicchiare”: il ragazzo spinto dalle sue esigenze interiori chiede, insiste, pretende fino ad ottenere di fare certe esperienze; il genitore oppone resistenza, facendo presenti i pericoli e le difficoltà che egli può incontrare. La natura concede ai figli l’astuzia di ottenere sempre qualcosa in più dai genitori e a piccoli passi essi raggiungono una maggiore autonomia. È necessaria la pretesa del figlio, perché solo attraverso l’esperienza diretta può rendersi conto di ciò che è bene e di ciò che è male, ugualmente è necessaria la resistenza del genitore, perché rende graduale il percorso verso l’autonomia e in particolar modo costringe il figlio a controllare i risultati della sua esperienza con i principi proposti dai genitori ed avere così una presa di coscienza dei suoi doveri e dei suoi diritti. Il confronto genera maturazione quando le due parti conservano le loro posizioni in modo deciso, ma aperto ad un cambiamento. Il figlio che non chiede, insiste e pretende raggiungerà l’autonomia con sotterfugi o con rotture radicali e quindi con gravi pericoli, come un genitore che non oppone resistenza al figlio non gli dà la possibilità di valutare le esperienze che compie e di conseguenza saper scegliere per il suo bene. Da parte dei genitori, in questo periodo del confronto, non si tratta solo di comprendere le esigenze del figlio, di mettersi nei suoi panni, avvertire le sue difficoltà e le sue ansie, ma di modificare anche il proprio modo di pensare e di agire, per confrontarsi con il figlio che evidenzierà sempre più un carattere, un modo di pensare e di agire diverso, una sua personalità. Il percorso del genitore inizia con lo smarrimento, perché il figlio non è più lo stesso, sempre teso, non parla e si oppone per un nulla. Il genitore entra, di conseguenza, in ansia perché non sa come comportarsi con lui, per conservare il dialogo che c’era prima. Il genitore non comprende che il rapporto con il figlio era basato su un’accettazione spontanea dell’autorità, che ora necessariamente deve essere scalzata per sostituirla con la propria responsabilità. Nel confronto emerge il contrasto tra la responsabilità del genitore di educare e la necessità che il figlio sia libero di fare le sue esperienze. La società odierna, più di un tempo, è piena di scelte che possono essere pericolose. I genitori vengono ossessionati dai mezzi di comunicazione riguardo ai danni a cui possono andare incontro i loro figli. I tranelli che i giovani possono trovare nel loro cammino sono molti. Non ci sono, però, soluzioni teoriche che permettano ai genitori la sicurezza del futuro dei figli, come non ci sono tracciati razionali che indichino ai figli il percorso da compiere per arrivare ad un sicuro traguardo. Solo le esperienze quotidiane guidano genitori e figli ad un aggiustamento continuo verso le mete che vengono ritenute le migliori. I due mondi sono uno di fronte all’altro giorno per giorno. È proprio la quotidianità che porta il genitore a verificare nel figlio la capacità di assumersi responsabilità adeguate al suo sviluppo e quindi facilitare il passaggio dalla dipendenza all’autonomia. Il figlio ha uno specchio davanti a sé: il mondo vissuto dei suoi genitori e in ogni azione può controllare il suo comportamento con quel mondo e formarsi delle convinzioni che possono corrispondere, ma anche differenziarsi, sempre, però, con la coscienza delle sue scelte. Il vissuto è formato da emozioni, sentimenti e ragione e il confronto porta inevitabilmente ad una trasformazione vicendevole. Quando i figli raggiungono l’identità personale riconoscono l’influenza dei genitori nella loro formazione, accettando gli aspetti comuni e rispettando le differenze, derivanti da esperienze diverse. I genitori verificano nel tempo la responsabilità dei propri figli e non solo accettano le diversità, ma talvolta ne colgono anche il valore. Il percorso di empatia qui descritto è quello da augurarsi che avvenga, ma ognuno di noi ha una sua personalità, come la hanno i nostri figli, per cui l’attuazione di esso varierà a seconda delle individualità, però avere un’idea chiara del traguardo a cui giungere può aiutare a sbagliare meno. Nel rapporto di coppia il periodo del confronto che segue all’accettazione di ruoli diversi, si protrae per parecchi anni, in quanto, pur nella diversità dei ruoli, si cerca istintivamente la felicità vicendevole. Non essendo pressati dall’ansia delle attese, accettando la diversità dell’altro/a da come la mente se l’era fissato/a e specialmente spinti da quella istintiva, profonda scintilla d’amore che ha portato all’unione, si scoprono nel corso di anni di vita in comune il valore sincero degli atteggiamenti dell’altro, che, nella diversità, permette anche una revisione dei propri. Le considerazioni sul percorso dell’empatia, sia nel rapporto con i figli, che nella vita di coppia sono convincenti (l’empatia è un’emozione), solo dopo averne fatto esperienza, cioè molto avanti negli anni, come lo è per chi scrive. Luigi Grandi
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