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1° Lo sviluppo dell'intelligenza PDF Stampa E-mail

Capitolo primo

Uno sguardo sull’intelligenza

Che cos’è l’intelligenza?

La definizione più immediata dell’intelligenza può essere quella di un “problem solving”, la capacità di risolvere i problemi, dove con il termine “problema” possiamo intendere qualsiasi azione compiuta per adattarsi alle situazioni. I problemi che si incontrano quotidianamente sono molti, ma se l’intelligenza si mettesse in atto solo nei momenti cruciali, sarebbe ben poca cosa.

Quando la massaia prepara il pranzo agisce senza riflettere sulle singole azioni, perché presa da altri pensieri più piacevoli o più tormentati, ma il cibo risulta ugualmente perfetto.

Ben diverso è quando una madre si trova in un supermercato e il figlio di quattro anni pretende un giocattolo, anche dopo che lei glielo ha rifiutato con un “no” deciso. Il problema che le si pone ha due soluzioni: accontentarlo o portarlo di peso altrove. Il pensiero ricorre prima alle esperienze del passato e poi  alla situazione presente: ci sono dieci curiosi che guardano oppure nessuno è presente alla scena? La soluzione viene di conseguenza.

Secondo lo psicologo Piaget, l’intelligenza è un meccanismo di adattamento che estende l’attività dell’organismo. E’ un adattamento attivo perché l’individuo si serve dell’intelligenza per interpretare e comprendere le leggi che regolano l’ambiente in cui vive e per trasformare tale ambiente a sua misura e secondo le sue necessità.L’essere umano si adatta all’ambiente in cui vive e il suo cervello nei milioni di anni di evoluzione ha perfezionato le sue potenzialità costruendo dei centri di comando per ognuna di esse e una serie di connessioni che permettono di dare risposte adeguate in ogni situazione. 

Come avviene la soluzione dei problemi?

Un temporale manifesta la potenza della natura. Credendola adirata contro gli esseri umani, gli antichi si rifugiavano nelle caverne impauriti e cercavano aiuto negli dei, quasi sentendosi colpevoli.

Più tardi, nel corso dei secoli, attraverso l’osservazione metodica di tali fenomeni, gli uomini riuscirono a comprendere che si trattava di eventi naturali e abbandonarono il senso di colpa  e la richiesta di aiuto da parte degli dei, per cercare da sé la protezione. Ci vollero, però, millenni per arrivare a capire le leggi che causavano il fenomeno e scoprire con Franklin il parafulmine ed eliminare la paura. Così, di fronte al problema, si sono tenuti tre atteggiamenti diversi:

1)      paura e richiesta di aiuto agli dei;

2)      osservazione del fenomeno e ricerca di protezioni sicure;

 3)      conoscenza delle leggi che ha portato all’invenzione del parafulmine come eliminazione del pericolo.

Per compiere questi passaggi la mente dell’uomo che all’inizio era legata agli aspetti sensitivi ed emotivi, si è staccata da essi osservando il fenomeno, come da fuori: una volta raccolti diversi elementi li ha posti in rapporto tra loro individuandone le cause e trovando le soluzioni. Solo estraniandosi dalle situazioni l’uomo riesce dare le soluzioni più appropriate. Si parla di processo di astrazione. 

Il pensiero

La mente umana ha la capacità di costruire dentro se stessa una realtà che è separata, ma in continuo rapporto con l’esterno. E’ il “pensiero”: una ricostruzione vera e propria della realtà che ci circonda, con la possibilità di operare su di essa. Questo fatto non è sempre evidente, perché la percezione ci dà l’illusione di operare direttamente sulla realtà esterna alla nostra mente. Però quando vediamo un bastoncino immerso nell’acqua, percepiamo con gli occhi un’inclinazione che nella mente viene corretta. Si tratta di due realtà distinte che si influenzano vicendevolmente, pur restando fondamentale nell’uomo quella mentale.

Il libro che state leggendo, nella sua realtà fisica, viene percepito come un insieme di fogli di carta con tanto inchiostro sparso, ma se chiudiamo gli occhi, eliminando, quindi, la percezione, possiamo rappresentarci nella mente le pagine lette. Possiamo inoltre osservare che gli adulti non lo colgono come inchiostro sparso, ma come parole e concetti, mentre nel bambino fino ai sei anni rimane la visione di una successione di righe d’inchiostro. Questo ci fa capire non solo che esistono due realtà, ma anche che la visione della realtà fisica dipende dallo sviluppo raggiunto nella costruzione del mondo mentale; infatti l’apprendimento della lettura modifica la percezione della realtà fisica del libro.

   

Il mondo è dentro di noi         La percezione del mondo esterno dipende dalle conoscenze presenti nella nostra mente.    In vacanza capita talvolta di conoscere persone che abitano nel nostro stesso paese, ma che non abbiamo mai visto prima.  Una volta ritornati a casa, però, le notiamo spesso perché il fatto di averle conosciute permette di osservarle ogni volta che le incontriamo.   Lo stesso succede quando qualcuno ci parla di un particolare interessante presente in un edificio, davanti al quale siamo passati infinite volte.   Sorge la curiosità di ripercorrere la via per verificarne la verità e con sorpresa, poi, ci accorgiamo che istintivamente quel particolare diviene un'attrattiva.                                                                                                                       La mente è sempre in osservazione, pronta ad accogliere gli stimoli esterni che, però, legge in base alle conoscenze che possiede e gli stati d’animo che prova.   Quando si parla di politica si trovano spesso amici che si scontrano ferocemente, perché le loro idee sono contrastanti: chi è di destra e chi è di sinistra.   Incontrandoli poi individualmente ognuno si sfoga dicendo dell’amico: “Non riesco a capire come faccia ad essere così in mala fede da sostenere certe idee”. Eppure le tasse sono uguali per tutti, il progresso economico interessa a tutti, i fatti che avvengono sono noti a tutti, tutti cercano il benessere. Si dovrebbe essere tutti di una stessa idea, invece ognuno la pensa a modo suo e talvolta si dubita persino dell’onestà di chi la pensa in modo diverso.   Anche l'immagine che ognuno ha di sé è diversa da quella che di lui hanno gli altri.   L'immagine elaborata dalla mente passa attraverso il filtro dell'affetto verso se stessi e una persona si vede in senso positivo o negativo a seconda se è ottimista o pessimista, ma, comunque, non si vede mai come la vedono gli altri. Anche gli altri ci vedono con le lenti del rapporto affettivo, perché i sentimenti sono determinanti nella percezione del mondo esterno e, talvolta, lo possono modificare completamente: ne è un esempio l'innamoramento, dove, almeno nella prima fase, non si colgono i difetti.

   

Come si forma il mondo dentro la mente 

Quando mia figlia Anna aveva cinque mesi, le misi sopra il lettino una girandola con appese delle farfalle. Attratta dai colori vivaci tendeva le manine per toccarle e queste si muovevano. Se toccate con più forza cominciavano a girare e producevano dei suoni molto piacevoli. Attratta dalla nuova situazione, Anna colpiva forte le farfalle per udire la musica.

Le prime volte il fatto fu casuale, ben presto, però, lei cominciò a prenderci gusto e tendeva sempre più spesso le manine per fare ruotare la girandola e si eccitava a tal punto che dovevo fermarla.La formazione della realtà mentale avviene, secondo il Piaget, studioso dello sviluppo intellettivo, attraverso due passaggi: assimilazione e adattamento. Anna con movimenti spontanei aveva provocato un’azione che veniva assimilata nella mente sotto forma di schema di movimento legato all’immagine delle farfalle. Quando lei le vedeva, lo schema si riattivava e trascinata dal piacere riproduceva sempre quella azione che diventava un suo nuovo modo di adattarsi a quella situazione. Una volta che si accorse che, muovendole con più forza, la girandola produceva dei suoni piacevoli, assimilò un movimento più accentuato, modificando lo schema precedente in modo che fosse adatto alla percezione dei suoni.

Tra realtà fisica e realtà mentale c’è sempre un rapporto di provocazione e di assimilazione di nuovi schemi per adattare la mente alla nuova situazione. A undici anni i ragazzi ritengono normale che si debbano rispettare gli orari imposti dai genitori per il rientro serale e quando disobbediscono, ammettono di aver sbagliato. A dodici, tredici anni, spinti da nuovi fattori emotivi, osservano che i genitori degli amici fissano orari diversi da quelli dei loro e si chiedono il perché di questa diversità e se è giusto seguire ancora l’orario imposto dai loro genitori.

 La convinzione che sono i genitori a stabilire un orario, era ben assimilata dai ragazzi ed era adatta alle loro esigenze. Ora, però, lo sviluppo affettivo li porta ad un bisogno intenso di confrontarsi con gli amici e l’osservazione delle differenze di orario diventa spontanea, come la successiva richiesta di modificarlo, cioè adattarlo alle nuove esigenze. Il tira e molla tra genitori e figli permette alla mente del ragazzo di assimilare attraverso numerose esperienze la convinzione che gli orari dipendono dalle situazioni in cui viene a trovarsi e deve lui saper valutare quando modificarlo. Nel ragazzo si forma un nuovo modo di pensare che è adatto al suo bisogno di autonomia.

Cosa c’è dentro la mente

Osserviamo come si arriva a guidare un’automobile:

all’inizio ci viene spiegato il motore e il funzionamento dell’auto in modo da comprendere i motivi per cui si compiono certe azioni durante la guida, poi anche tutte le norme del codice stradale. E’ una spiegazione teorica, slegata, cioè, da ogni riferimento pratico e pretende molta concentrazione e conoscenza dei termini.

Nelle lezioni pratiche, invece, l’istruttore ci dà dei comandi: “Introduci la chiave, premi la frizione, inserisci la marcia, lascia la frizione premendo lentamente l’acceleratore”. Le parole ci indicano delle azioni da compiere. La spiegazione rimane teorica, ma riferita all’azione. All’inizio abbiamo bisogno che le parole ci vengano dette spesso, poi ce le ripetiamo mentalmente come guida ai movimenti che compiamo. La mente pretende ancora concentrazione e l’esecuzione è lenta e incerta. La ripetizione delle azioni, però, instaura nella mente una sequenza quasi visiva dei movimenti da compiere e ci viene spontaneo seguirla senza dover pensare ai comandi che ci erano stati dati. Le parole, attraverso l’azione,  hanno generato una sequenza di immagini. Le azioni avvengono con più velocità e senza molta concentrazione.

Dopo qualche mese, non si riflette più sulle azioni da compiere, ma si agisce meccanicamente. La ripetizione ha generato schemi senso/motori che guidano direttamente i movimenti. Non occorre alcuna concentrazione e le azioni sono veloci.

La mente ha acquisito le conoscenze attraverso descrizioni puramente astratte (ragionamento), poi le ha trasformate in comandi (concetti), che, attraverso l’azione ripetuta, sono diventati una sequenza di immagini fino a giungere all'automatizzazione (schemi senso/motori). Passaggi molto vantaggiosi per la mente, perché una persona guida la macchina pensando ad altre cose, esegue i comandi con scioltezza e conserva la possibilità di concentrarsi di nuovo di fronte ad un pericolo improvviso. Oltre alla saggezza del risparmio attuato dalla mente, l’esempio ci fa comprendere che ci sono quattro modi con cui l’intelligenza lavora, diversi tra loro per gli effetti che producono, ma strettamente legati nell’elaborazione delle nuove conoscenze.

 I contenuti della mente

Ogni modo di conoscere ha caratteristiche diverse:

1)   Il sensomotorio instaura un rapporto diretto con la realtà, assimilando gli schemi necessari per un adattamento fisico ed emotivo alla situazioni presenti.

Uno che vive in una grande città scende nell’agone del traffico con tranquillità e se chi gli è accanto proviene da una piccola città, vive in uno stato di tensione.

E’ incredibile come talvolta ci si trova, a forte velocità, a superare un restringimento e si avverte, quasi fisicamente, la possibilità di farcela.

Il grande campione di calcio non calcola, ma avverte dove e come tirare il pallone: è una sensibilità particolare favorita talvolta dall’immagine, ma ben poco dal ragionamento. 

2) L’immagine, attraverso la memoria, riproduce nella mente la realtà esterna nelle sue caratteristiche spazio temporali, riuscendo anche ad elaborarle e metterle tra loro in confronto in modo  da adattarsi alla varietà di situazioni in cui una persona viene a trovarsi.

Quando ci lasciamo andare ai ricordi passati rivediamo nella mente cose e avvenimenti come in un film. Sono un susseguirsi spontaneo di immagini e ad esse si uniscono anche le sensazioni degli odori o dei suoni percepiti. Quando perdiamo un oggetto ci sforziamo di rivedere nella nostra mente le azioni che abbiamo compiuto. Ritorniamo ai particolari vissuti, come sfogliando un libro all’indietro. Senza accorgerci avevamo registrato tutto. La visione di qualche oggetto ci fa rivivere l’azione in cui lo abbiamo deposto. 

 3) Il concetto trasforma la realtà che già esiste nella mente in segni e simboli che permettono una elaborazione più veloce delle conoscenze acquisite, ma specialmente favoriscono la comprensione dei rapporti che si instaurano tra le situazioni. Tale capacità permette all’uomo di conoscere le leggi della natura in modo di adattarsi ad essa senza timori.

I segnali stradali sono disegni colorati e precisi, ma comunicano significati stabiliti dagli uomini, cioè non direttamente legati all’immagine.

Le singole lettere che scorrono sotto i nostri occhi non vengono viste come segni, ma come parole che comunicano dei significati.La croce è il simbolo di una religione.

La mela che cade in testa a Newton non è un oggetto fisico, ma diventa il simbolo della forza di gravità. Il fulmine non è una luce che guizza nel cielo, ma una scarica elettrica neutralizzabile con il parafulmine.

 4) Il ragionamento elabora le conoscenze acquisite formulando delle ipotesi, cioè costruendo nella mente delle realtà in base alle leggi della natura. Si forma così un mondo del possibile su cui l’individuo può operare e porre relazioni, giungendo a formulare un giudizio che assume l’aspetto di una realtà che potrebbe essere vissuta, mentre, di fatto, l’individuo può in ogni momento ritornare alle ipotesi iniziali e non modificare nulla. L’uomo riesce così a trasformare la natura a secondo dei suoi interessi, cioè adattandola a sé. Abbiamo dato delle etichette ai modi con cui l’intelligenza lavora: “schemi senso/motori”, “immagine”, “concetto” “ragionamento”, ma non conosciamo, di fatto, come essi veramente siano, né da che cosa siano costituiti.

Anni fa lessi un tema di una ragazza cieca di seconda media riguardo ad una gita fatta con i compagni. Conoscevo quei posti e la descrizione corrispondeva alla realtà. Mi sono chiesto come poteva lei esprimere i colori, le colline, i prati, le case disseminate nella pianura. Durante il viaggio i compagni le avevano descritto ciò che osservavano ed essendo il linguaggio comune, sono riusciti a farglielo vedere nella mente, ma come poteva lei raffigurarsi un monte, un fiore, una casa, dal momento che non li ha mai percepiti con gli occhi. Come sono questi nella sua mente? Il termine “immagine” indica un’operazione della mente che riproduce dentro di noi quanto percepito, ma come essa veramente sia, è difficile dirlo.

Il processo di astrazione

 Nello sviluppo della persona i contenuti della mente fanno la loro comparsa in ordine inverso rispetto a come procedono nell’acquisizione delle conoscenze: schema sensomotorio (alla nascita); immagine (verso i due, tre anni), concetto (verso i sei, sette anni), ragionamento (verso i dodici, tredici anni). Possiamo rappresentarci l’intelligenza come una scala che sale sempre più in alto, mostrando una visione della realtà sempre più ampia e completa, permettendo così di cogliere l’ organizzazione degli elementi che la compongono.

Il bambino sale i primi scalini, in un rapporto sensitivo con gli oggetti e le persone che lo attorniano:

 a)      egli scopre attraverso la manipolazione la solidità, la consistenza, la forma degli oggetti;

 b)      esplora l’ambiente che lo circonda attraverso il  movimento; 

c)      sperimenta la comunicazione attraverso suoni e gesti.

Al primo pianerottolo (due anni- due anni e mezzo) vede le case, le persone, i fiori e prende coscienza del suo distacco dall’ambiente. 

Riconosce il proprio “io”: a)      la memoria gli permette di conservare l’immagine delle persone che gli stanno a cuore, degli oggetti del mondo in cui vive, delle situazioni in cui viene a trovarsi; b)      la fantasia trasforma i contenuti della memoria, costruendo mondi nuovi e situazioni che rispecchiano lo stato d’animo;

c)      I contenuti della mente acquisiscono un ordine spaziale: il bambino coglie l’insieme del paesaggio e lo gode nella sua varietà di particolari, ma anche nella sua organizzazione.

 Al secondo pianerottolo (sei anni) le case, le piante, i fiumi, le persone sono visti dall’alto.  Distinguibili solo negli elementi essenziali: non la loro immagine, ma simboli o segni che li identificano. Questa trasformazione permette di osservare i rapporti che esistono tra i vari elementi e come si organizzano tra loro:

a)      gli oggetti che hanno le stesse caratteristiche conservano gli stessi segni e formano un insieme particolare (categoria) che li distingue dagli altri (bosco, contrada, catena di montagne…);

 b)      l’osservazione di categorie che hanno caratteristiche diverse, fa emergere i rapporti che si instaurano tra loro e che possono essere interpretati a seconda delle situazioni: i numerosi ruscelli che convergono in un lago forniscono l’acqua per una turbina (rapporto causale); l’aria umida sale in alto, si raffredda e si trasforma in nuvole, poi, in condizioni particolari, scende a terra sotto forma di pioggia (rapporto temporale); la visione di una catena di monti alti e rocciosi con alle pendici boschi di larici e verdi conche con piccoli borghi (rapporto spaziale).

c)      Allargandosi sempre più la visione, la mente sente il bisogno di dare un’etichetta ad ogni insieme di rapporti, la definizione, per distinguerlo da ogni altro: il paese è un centro abitato di piccole o medie dimensioni; la città è un centro abitato di grandi dimensioni.

Al terzo pianerottolo ( 12 anni): appare la terra con lunghe catene di monti, sterminati deserti, vaste foreste e numerose megalopoli.

Le catene montuose sono molto diverse tra loro a seconda delle cause per cui sono sorte, i deserti hanno caratteristiche che dipendono dall’ambiente in cui si trovano; le megalopoli sono organizzate a seconda delle epoche in cui hanno avuto maggior sviluppo.

La conoscenza della varietà delle leggi che regolano la natura, permette alla mente umana di organizzare e verificare in se stessa delle situazioni ipotetiche che possono poi essere attuate nella realtà esterna:

a)      Le leggi che governano la natura e la vita umana non sono sempre uguali, ma variano a seconda delle situazioni e dell’ambiente (dissociazione). La visione dell’insieme favorisce l’acquisizione di un patrimonio di norme che permettono la conoscenza di quanto si osserva.

 b)      La mente, ora, con la ricchezza di norme raggiunta può  formulare delle ipotesi sui fenomeni che avvengono (pensiero ipotetico) e verificare se sono esatte.

 c)      La sperimentazione di quanto ipotizzato garantisce o meno il risultato e determina l’esperienza che da ora in poi segna i gradini per salire sempre più in alto nelle conoscenze.

sensomotorio
manipolazione
schemi motori
linguaggio
immagine
memoria
fantasia
organizzazione spaziale
concetto

categorie

rapporti causali

definizione

ragionamento

dissociazione

ipotesi

sperimentazione

Processo di astrazione
             


Il processo di astrazione, ora descritto, permette una visione sempre più ampia del problema, ma anche con caratteristiche diverse. Ad ogni pianerottolo la prospettiva cambia e non è possibile rivedere il mondo come prima, perché il nuovo modo di pensare influisce su quello precedente.  

 L’adulto vede la realtà con un occhio razionale anche se di fronte alle emozioni o ai sentimenti non riesce sempre a controllarli. Gli è difficile rivivere gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza: sono stati intensi e ricchi di sensazioni particolari.

Le paure, i timori, le emozioni, gli stati d’animo possono essere ricercati nella memoria e rivisti come in un film, ma la luce in cui appaiono ora è contaminata dal nuovo modo di pensare, il ragionamento. Solo in alcuni momenti di quasi assenza del pensiero razionale si possono rivivere certe sensazioni.

Non è una falsità quando i figli ci dicono che non riusciamo a capirli, perché la nostra visione della realtà è diversa dalla loro.

Noi possiamo intuire il loro modo di pensare, rifacendoci all’esperienza vissuta, ma il nostro sguardo è inevitabilmente influenzato dal ragionamento, che i figli non hanno ancora maturato e dalle esperienze che loro non hanno vissuto.

 Sono queste le lenti che influenzano la nostra visione e ci permettono di prevedere gli errori che i nostri figli possono fare:

 “Quanto essi potrebbero essere più felici se facessero ricchezza della nostra esperienza!”.

E’ invece questa nostra difficoltà a capirli che favorisce la formazione della loro personalità. Potrebbero avere una casa prefabbricata, invece preferiscono costruirsela con le proprie mani.

Sarà loro il merito e la gioia di ciò che otterranno, ma nostro, di genitori, averli guidati nella costruzione, proprio perché le tensioni provocate dalla diversa mentalità costringerà i figli ad osservare quanto stanno per compiere, prendendo coscienza degli errori che possono commettere. La nostra maturità è per loro una luce che dà fastidio, ma che illumina il percorso. Importante che tale luce ci sia sempre.

Se ad ogni pianerottolo la visione cambia e il ragionamento impedisce di rivedere la realtà come ci appariva nel mondo dell’immagine o del sensomotorio non significa che questi non continuino il loro sviluppo  e non influenzino gli altri modi di pensare. Ne è di esempio la persona innamorata, che, spinta dall’istinto sessuale che ha le sue basi nel sensitivo, affascinata  dai sentimenti che sono determinati dal mondo dell’immagine, difficilmente accetta osservazioni razionali che si oppongono al suo stato d’animo. Anche le telenovelas sono razionalmente comprese come invenzioni del regista, ma si rinuncia talvolta ad una vacanza per non perdere una puntata determinante del racconto.

Ogni contenuto mentale (schemi senso/motori, immagine, concetto e ragionamento) partecipa attivamente all’adattamento alla realtà. Quale persona, disordinata per carattere, non si propone all’inizio dell’anno di modificare i suoi comportamenti, attirata dalla visione piacevole di lavorare su una scrivania spaziosa e libera? Con il ragionamento non vede ostacoli ad un cambiamento e solo aspetti positivi spingono a modificare quell’angusto spazio dove è costretta ormai a lavorare.

Alla decisione segue l’attuazione e, oltre all’ordine raggiunto, si rafforza sempre più nella mente l’immagine dello studio spazioso e piacevole a vedersi. Per un certo periodo la concentrazione permette di conservare l’ordine creato. Tale sforzo regge, finché non arrivano quei momenti critici di fretta che inducono a deporre i fogli al centro del tavolo. Gli automatismi di un tempo prendono il sopravvento e ci si consola dicendo che l’ordine frena la creatività. E’ una scusa, ma quale grave danno avremmo se  potessimo cambiare le abitudini con facilità? Che ne sarebbe della nostra identità?

Le età d’oro dello sviluppo

A seconda dello sviluppo dei diversi modi di pensare la formazione della personalità fissa nel tempo caratteristiche difficilmente modificabili nei passaggi successivi.

Ci sono età d’oro che ogni educatore deve conoscere.

1) Età d’oro dell’imprinting (fino ai due anni). Il bambino nasce avvertendo il mondo che lo circonda come un abbraccio caldo ed affettuoso che gli fa sentire la gioia provocata dalla sua venuta. Le sensazioni e il movimento determinano il rapporto con la realtà esterna ed imprimono degli schemi nella mente che difficilmente possono essere cancellati. L’empatia è la forma di conoscenza predominante. Le persone che gli trasmettono in modo continuo la sicurezza, si imprimono nel suo mondo e non possono più essere cancellate. E’ il momento in cui la ricerca di sensazioni tattili, uditive, olfattive prorompe, accumulando esperienze che rimangono alla base di ogni apprendimento. Così pure il movimento, non limitato dal senso del pericolo e del limite, si affina ed acquisisce degli automatismi che sono fondamentali per il futuro.

2) Età d’oro dei sentimenti profondi e delle abitudini (dai due ai sei anni). L’imitazione e la ripetizione delle azioni sono caratteristiche dell’apprendimento fino ai sei anni. L’imitazione imprime nella mente del bambino l’immagine delle persone che favoriscono la sua indipendenza perché danno sicurezza nelle azioni acquisite. La ripetizione forma un abito mentale, un’abitudine. E’ l’età in cui si acquisiscono i comportamenti base, stabili, che nel tempo sono difficilmente modificabili

Da un punto di vista intellettivo si formano le basi della memoria, della fantasia e dell’organizzazione spaziale. Le paure sono una conseguenza di queste nuove acquisizioni.

Da un punto di vista operativo il bambino raggiunge l’autonomia in molte attività personali: si veste e mangia da solo, frequenta con sicurezza ambienti conosciuti, dorme nella sua cameretta. Assume atteggiamenti educati verso le persone che incontra.

Da un punto di vista affettivo si formano i sentimenti più profondi verso le persone che gli stanno vicino e verso gli ambienti familiari. Ora gli atteggiamenti di autorità, di decisione, di sottomissione o ansia da parte dei genitori vengono impressi in modo indelebile nella mente del figlio. Ognuno di noi sa quanto questi atteggiamenti influiscono nella vita successiva, anche in età avanzata. Le conseguenze di questi sentimenti sono la gelosia e la collera.

3) Età d’oro delle regole (dai sei ai dodici anni). Dall’immagine si passa al concetto. Questo permette di stabilire dei rapporti con  altri elementi in base ad una regola: riguardo all’essere, un sasso, una pianta, un gatto, un uomo sono rispettivamente un essere inanimato, vegetale, animato, intelligente. Le regole sono la guida del ragazzo nella conoscenza della realtà. Il mondo è come un giocattolo che egli smonta nella sua mente per scoprire come è fatto. Perché il sole nasce ad Oriente e tramonta ad Occidente? Perché i fulmini guizzano nel cielo e sono seguiti dai tuoni?

La conoscenza delle leggi della natura permette al ragazzo di conquistare una sicurezza, perché egli può far fronte alla diverse situazioni, prevedendone gli effetti.

E’ naturale per il ragazzo ricercare le regole del gioco e rispettarle. Attraverso di esse egli può valorizzare le sue capacità specialmente quelle fisiche e motorie. E’ il periodo dello sport.

Il ragazzo punta alla conquista dei risultati, accettando l’impegno e il sacrificio, importante è che sia per tutti lo stesso, cioè che sia una regola. Questo dà senso al suo operato e gli crea un’autostima. Ama sentirsi autonomo e sperimenta che alla fatica segue il premio.

Inizia la formazione dell’autostima: il giudizio dei genitori e degli educatori sulle capacità o sulle azioni che egli compie determina la visione che sta formando di sé. Non imporre comportamenti, non pretendere attività, non valorizzare i risultati raggiunti significa non favorire un confronto, una conoscenza di sé e una motivazione al miglioramento. Quale autostima può raggiungere chi non ha chiarezza, né continuità di principi con cui confrontarsi? Confonderà sempre la realtà con la fantasia e non avrà un’idea chiara di sé neppure nella maturità.

3) Età d’oro del confronto (dai dodici ai diciotto anni). Le regole dipendono dalle situazioni. L’esperienza mostra come le regole che davano una certezza di conoscenza non sono universali, ma dipendono da tanti fattori. E’ un passaggio che sconcerta il ragazzo e lo porta a riflettere su se stesso specialmente riguardo allo sviluppo fisico, sessuale ed affettivo. La certezza di come sarà, di come si evolverà sfugge alla sua coscienza. Gli dicono che deve essere sereno perché lo sviluppo è eguale per tutti, ma poi osserva che per ognuno si attua in modo diverso. La partecipazione al gruppo diventa l’arma più sicura per diminuire le tensioni, perché condivide l’ansia del cambiamento con altri nella stessa situazione. E’ il passaggio necessario verso l’autonomia. Tutto lo sforzo educativo sembra vacillare ed il dialogo si rende difficile con scatti improvvisi di nervosismo e porte sbattute.

I genitori si sentono chiusi fuori dalla porta, impotenti. L’autorità viene messa in dubbio in nome della necessità di fare esperienza. Diviene fondamentale il confronto. La strada che porta all’autonomia non è lastricata di conoscenze, ma di decisioni. Le scelte uniscono conoscenza ed emotività, ideali e situazioni concrete. E’ un confronto tra persone che si vogliono bene. La fiducia diventa determinante.

Il confronto non è scendere a patti, ma valorizzare i due ruoli. Non può il genitore diventare amico, è genitore. Gli amici sono altri e aiuteranno il figlio a rendersi indipendente dai genitori.

Il giovane non è sordo a quanto gli viene detto dai genitori, non accetta i contenuti perché vuole sperimentarli personalmente, ma si accorge quando sbaglia.

Il confronto da parte del figlio esiste sempre, perché non può farne a meno, ma se il genitore non accetta il dialogo, dando valore al modo di pensare del figlio, egli non parla.

Il genitore deve valorizzare il ragionamento del figlio pur manifestando il suo modo di pensare. Inoltre è importante tener presente che il figlio vede naturale che il genitore abbia il compito di imporre le sue decisioni, lui si opporrà, se non le ritiene giuste, ma questo fa parte del confronto, perché sarà costretto in questo modo a riflettere su ciò che fa e prendersi le sue responsabilità.

4) Età d’oro del dialogo (dopo i diciotto, vent’anni). Ormai il giovane ha la capacità di operare sulla sua realtà mentale fino a darle un senso personale. A questo punto è così avanti nella conquista dell’autonomia da poter dire ai genitori: “Voi mi avete insegnato tante cose; io le ho ben presenti nella mia mente e le metto a confronto con quelle che ho acquisito con la mia esperienza. Sono in grado di scegliere quello che ritengo più giusto per me”. E’ il momento dell’intenzionalità.

La natura ha tracciato un lungo percorso per raggiungere l’autonomia, ma ha dato il tempo ai genitori di trasmettere il meglio di sé.

   

 

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