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Dispendio energetico nell'insegnamento (consigliato ai presidi) PDF Stampa E-mail

 Valdagno 1 ottobre 2008

 


Articolo che interessa principalmente gli insegnanti.

Questo articolo riguarda il dispendio energetico nell’insegnamento  dal punto di vista della medicina tradizionale cinese.  

 Nella seconda parte viene affrontato il problema della misurazione dell’efficienza dell’insegnamento, in modo da  gratificare il bravo insegnante in modo adeguato. 

 


Sono un insegnante di matematica della scuola  media, mi interesso di energie “sottili” nell’ambito dell’agopuntura ed esercito tale arte da una ventina d’anni ma solo a livello  di hobby. 

 A mio giudizio l’insegnamento è  il lavoro più importante che si possa fare per l’umanità, perché è il mezzo principale per la crescita della consapevolezza di un individuo. In verità, qualsiasi cosa una persona faccia può risultare un insegnamento, ma nell’opera dell’insegnante scolastico, c’è una grande accelerazione del processo. Ho l’impressione che negli ultimi anni la scuola stia scendendo sempre più in basso. Questo mi amareggia e preoccupa nello stesso tempo.

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In particolare la dignità dell’insegnante sta crollando. Chi insegna, troppo spesso si sente frustrato e incompreso e perde l’entusiasmo indispensabile per un buon insegnamento.

 

A mio parere, tutto ciò deriva principalmente dal distacco che si è andato creando tra chi dirige e chi insegna.  Il Ministro in genere o non era un insegnante o al massimo operava a livello universitario, che sicuramente è molto lontano dai problemi della docenza nelle scuole inferiori.

I sindacati, con in testa i confederali, sono formati o da operatori del braccio o da ex insegnanti che da troppo tempo non insegnano più, quando sono stato all'interno di un sindacato, sono rimasto esterefatto dal numero di disttacchi e dalla corsa da parte degli insegnanti per avere il distacco. Io sono per l'abolizione, all'insegnante non manca certo il tempo per fare beatamente le due attività. Il distacco fa dimenticare la macerazione e la sofferenza dell'insegnamento.

Insomma chi sta più in alto proviene di solito da carriera direttiva o amministrativa e non ha quasi mai insegnato.  I Presidi, pur avendo insegnato, hanno dimenticato le fatiche e i problemi dell’insegnamento concreto e perdono la memoria sempre più ad ogni anno che passa. Il risultato è stato che l’insegnante si è visto decurtare la paga, aumentare le ore di lavoro, aumentare la burocrazia (poco importa ciò che fai; solo le relazioni hanno importanza o il lavoro extra), colpevolizzato se il ragazzo non ne vuol sapere di impegnarsi, beffeggiato da incentivi economici ridicoli.

Ma com’è possibile che Ministri, provveditori, presidi e le persone in genere non capiscano le difficoltà dell’insegnamento?  La risposta che mi sono dato è contenuta nelle seguenti argomentazioni.

Quando s’insegna si consuma una particolare forma d’energia, un’energia difficile, o meglio impossibile, da spiegare a chi non pratica l’insegnamento. Tale "energia" è così sottile che anche chi insegna può non accorgersi del dispendio energetico a cui va incontro durante le ore di insegnamento in classe che, solo apparentemente, sono poche. Io stesso, quando ho incominciato ad insegnare ero convinto che l’insegnante fosse un privilegiato sfaticato che lavorava poche ore e non aveva compiti faticosi né in classe né a casa.   Dopo 4 mesi di insegnamento svolto con grande impegno, mi sono ritrovato con un principio di ulcera gastrica, supportato dalla fatidica frase dei colleghi più anziani “Ti avevo avvisato che...”. Per fortuna a quei tempi (anno 1973) insegnavo Fisica in un istituto Tecnico Superiore dove l’insegnamento è molto ma molto più facile che alle Medie, per cui dandomi una calmata sono guarito.

 Imparata la lezione ho incominciato una attenta analisi, per quanto possibile scientifica, dell’energia consumata nell’insegnamento. Ecco i risultati:

 

·      A livello fisico il parlare a voce alta per 3, 4, 5 ore di seguito esaurisce letteralmente “l’energia dei polmoni”. (Sto parlando nellambito dell'agupuntura cinese). Fra l’altro l’insonorizzazione delle aule è un concetto sconosciuto ai progettisti degli edifici scolastici.   Quando si perde molta “energia” a questo livello viene a mancare una parte dell’ossigenazione del sangue con sintomi tipici quali difficoltà di concentrazione, sfinimento, una sensazione di intorpidimento o formicolio a livello del cuoio capelluto.   E’ curioso osservare il fatto che in agopuntura si ritiene che, quando l’organo dei polmoni va in crisi di “energia”,  facilmente subentra la tristezza o addirittura la depressione, (guardacaso malattia professionale dell’insegnante). Per non parlare poi dei molti casi relativi a malattie alle corde vocali con abbassamenti di voce quasi cronici o peggio.

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·      C’è poi un consumo d’energia a livello emozionale che coinvolge inevitabilmente il livello ormonale. Tutte le professioni che implicano delle interazioni tra individui portano ad arrabbiature, paure, frustrazioni, ma l’insegnamento è sicuramente elettivo perché c’è continuamente un rapporto attivo tra il professore e decine di altre persone. Siamo sempre in un palcoscenico sotto osservazione.

Certamente molto dipende dalla classe, dal modo di fare dell’insegnante, dalla sua educazione, ma va detto che esiste sempre una sia pur piccola parte degli alunni che sono difficili da inserire e da gestire. La mia esperienza mi porta a dire che oltre il 60% degli alunni sono amabili, basta chiedere loro con gentilezza, per ottenere qualunque cosa;   per un altro 30%  occorre un comando diretto ma fermo;  c’è poi un 10 % di irriducibili (in continuo aumento con lavvento degli extracomunitari) che vanno trattati con mille artifizi ma che a volte ti fanno perdere la pazienza.  Per quanto mi riguarda l'aspetto più dispendioso dell'insegnamento è dovuto allo sforzo di tenere la disciplina nella classe senza demotivarla. Ma le cose  sono ben diverse a seconda della scuola. 

 -   Più facile di tutto è operare nell'università dove l'aspetto disciplinare è praticamente inesistente.

-    Poi la 5° 4° superiori in genere danno pochi problemi e lo sforzo è concentrato sui contenuti. segue la 3° 2° 1° superiore in un crescendo di difficoltà. va detto che nei Licei le cose vanno meglio, mentre negli istituti professionali a volte ci sono gravissimi problemi di disciplina. Anche le aree geografiche hanno la loro importanza.

-   Nella realtà che io conosco, cioè il Veneto, le difficoltà maggiori dal punto di vista disciplinare si hanno alle scuole Medie. Io colloco il punto più alto di una campana di Gaus della disciplina proprio in seconda media.

-   anche le elementari hanno la loro problematiche dal punto di vista disciplinare, ovviamente il rapporto di forze è differente; sono bambini fisicamente. Ma ciò non toglie che se passeggiate nei corridoi mentre si svolono le lezioni delle elementari si sentono tanti  urli un po' isterici da parte delle maestre che fanno riflettere. (I maestri maschi sono una categoria estinta. Dal punto di vista dello Yin e Yang c'è un grave disequilibrio, ma a questa età è tollerabile.  Comunque non sarebbe male introdurre le quote azzurre, sopratutto nelle medie.)

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·      Ma è al più sottile livello mentale che avviene il massimo dispendio di energia. La mente e l’attenzione dell’insegnante tendono ad essere sempre sdoppiate in più parti:; una parte pensa a come dire le cose nel modo più efficace, un’altra sta attenta alla disciplina della classe, quando si corregge un esercizio in classe  ognuno ha un problema diverso e bisogna seguire più linee di ragionamento, se poi, abbiamo classi con interventi dispersivi e infantili ....

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·      Bisogna infine considerare l’aspetto volitivo. Molti alunni non sono motivati all’apprendimento, quindi bisogna forzare imponendo la propria volontà. C’è uno scontro tra due volontà e, anche se una è giovane mentre l’altra è matura, c’è sempre  un notevole dispendio di energia nervosa. Questo livello può essere compreso anche da molti genitori. Quante volte ho sentito dire “Piuttosto di far fare la lezione per casa a mio figlio preferisco fare un giorno di lavoro”. 

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Concludendo, per tutto questo dispendio di energia, spesso l’insegnante torna a casa letteralmente sfinito. Per di più a casa non lo comprendono neppure i familiari, che pensano: “Ma cosa ha fatto poi di così pesante?”

 

Da sempre l’insegnante necessita di ampi periodi di recupero; le vacanze sono necessarie più per lui che per gli alunni.L’insegnante che ritorna dalle ferie dà una qualità d’insegnamento ben diversa da prima!    In tutto il mondo l’insegnamento è supportato da ampi spazi di tempo libero e QUESTO NON  E’ UN PRIVLEGIO  MA UNA NECESSITA’.

Per quanto mi risulta i periodi di recupero degli insegnanti Italiani (vacanze) è, dopo l’ultima riforma,  praticamente uguale a quello che c’è in tutti gli altri stati europei. In molti stati poi si riconosce “l’anno sabatico” che permette agli insegnanti di fare per alcuni anni altri lavori meno faticosi, riconoscendo con ciò il gran dispendio di energia succitato.  

Dato per scontato che tutte queste considerazioni non possono essere comprese da chi non insegna  io propongo che:

tutte le leggi e le decisioni importanti siano decise solo da chi veramente le sta vivendo nell’insegnamento effettivo,  non da chi vive nel ricordo dell’insegnamento.   

 E’ proprio quest’incapacità di comprensione che ha degradato la condizione dell’insegnante.

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Al mondo d'oggi  la dignità sociale è normalmente associata allo stipendio.

  

Un medico è molto più considerato di un insegnante, molti genitori entrano in conflitto con gli insegnanti mai coi medici. Una visita medica privata, di solito breve di 10 15 minuti, si paga da 120 a…Euro, essa è fatta magari in ospedale dove alloggio e macchinari sono pubblici. Facendo i conti se la visita è di un quarto d'ora vengono percepiti 480 Eu per ora lordi e si trova tutto ciò naturale. Ma un insegnante che dia un’ora di ripetizione e chieda 15 Eu  può essere visto come un approfittatore.. 

 

 Il sottoscritto  ritiene che l’incentivazione nella scuola debba essere indirizzata a gratificare il lavoro svolto all’interno dell’orario scolastico.

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Ma come stabilire il merito?

1°) Se alla fine della terza media, facessimo in modo che gli alunni, svincolati da ogni paura di ritorsione, diano un voto ai professori, avremmo una base su cui partire.

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2°) Se poi al momento dell’iscrizione in prima media chiedessimo ai genitori, in modo anonimo quali sarebbero i loro professori preferiti per ogni singola materia, avremmo una seconda base.

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3°) Se poi seguissimo il percorso didattico degli alunni usciti per valutare com’è stato il loro inserimento nelle scuole superiori avremmo un terzo elemento.

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4°) Fatta la formazione delle classi in prima media  distribuendo il più possibile i valori di intelligenza  nei vari corsi (cosa che in genere dalle mie parti si cerca di fare già), si può creare una serie di test per valutare il quoziente di intelligenza della classe. Abbiamo migliaia di psicologi a disposizione. Ogni nuovo anno si fanno test adeguati  e si guarda il cambiamento della classe cioè il gradiente di crescita. Dopo una adeguata sperimentazione, sarà possibile prendere atto della bontà dell’insegnamento di ogni singolo insegnante. Mi rendo conto che  questo potrebbe essere facile da fare per le materie scientifiche, mentre per altre sarebbe decisamente più opinabile.  Comunque ci sono gli altri tre punti  per dare un quadro generale della bontà dell’insegnamento. 

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Quindi si incentiva principalmente l’insegnante che fa BENE il LAVORO IN CLASSE NELLE NORMALI ORE DI INSEGNAMENTO, non chi si inventa piccole strategie per arrivare ad avere un incentivo.

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Si deve fare in modo che l’incentivazione, quando c’è, sia alta e gratificante, niente elemosine.  Aggiungo che a mio parere è auspicabile sia evitato l’impegno pomeridiano fatto a scuola, perché toglie energia all’insegnante, occupa il tempo degli alunni e crea un pericolosissimo precedente nella direzione di un aumento delle ore di lezione in classe. Serve solo come effimera facciata pubblicitaria.

 

 La situazione dell’insegnante è aggravata anche da alcuni presidi;  da quando si sono riuniti in una “Associazione Nazionale” hanno avuto un cambiamento di rapporto con gli insegnanti. Invece di un rapporto sostanzialmente paritetico, come dovuto, il rapporto é troppo spesso ricattatorio.

 In una situazione legislativa confusa, senza un’autorità precisa a cui appellarsi, risulta facile imporre direttive spesso sbagliate.

Troppo spesso nella scuola vale il detto “Per ogni circolare o sua interpretazione, n’esiste almeno una uguale e contraria”.

Le decisioni dovrebbero essere “sentite” e condivise per avere una qualche possibilità di essere efficaci all’interno dell’insegnamento.

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Non c’è niente di peggio per la scuola che un insegnante demotivato.

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Se la distanza tra chi insegna concretamente e la parte direttiva continuerà ad aumentare di questo passo, si aprirà fatalmente uno scontro che certamente non sarà utile a nessuno.                                                                                                     

                                                                                                                     Camillo Urbani

 

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