Efficienza Didattica
IL MONDO DEL BAMBINO DAI 6 - 11 ANNI (prima parte) |
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Capitolo quarto Il mondo del bambino dai sei agli undici anni Dall’immagine al concetto Verso i sei anni il bambino possiede nella sua mente il mondo esterno ben organizzato anche nei rapporti spaziali. Egli osserva i colori, i particolari degli oggetti, li confronta, li associa ad immagini memorizzate, osservandone le differenze: l’immagine della realtà è completata. La realtà esterna non può essere modificata, ma quella interna sì, per cui la mente può elaborarla per raggiungere una conoscenza più approfondita. Essendo le due realtà in continuo rapporto, la conoscenza dell’una può estendersi anche all’altra. In questo capitolo seguiremo le modifiche che avvengono nella loro successione fino agli undici anni. La mente ora è pronta ad un nuovo passaggio: il concetto. Le immagini vengono scomposte (come in un puzzle) per fissare l’attenzione sui singoli elementi che le compongono. L’immagine della casa ci mostra una costruzione in muratura, con porte, finestre, a uno o più piani, con un tetto, ed è la dimora della famiglia; ora viene osservata nelle singole parti: ogni elemento acquista una sua autonomia e, unito ad altri elementi, può diventare parte di un’immagine completamente diversa o modificare il suo significato a seconda del rapporto che instaura con gli altri elementi.
La porta, inserita in una costruzione alta e stretta, senza finestre, con in cima un muretto merlato: diventa la porta di una torre o la porta di una città, ma posta in un ampio spazio verde diventa la porta di un campo da calcio, messa in senso orizzontale può diventare una finestra molto luminosa di un appartamento. La casa, togliendo l’elemento famiglia, può diventare una torre. Lo stesso elemento acquista un significato a seconda dell’insieme degli elementi di cui fa parte, ma perché ciò avvenga, è necessario che perda le sue caratteristiche di immagine: non quella particolare porta in legno, di color marrone chiaro, ricca di particolari scolpiti, ma una forma (apertura o passaggio) e una funzione (permette l’ingresso). L’elemento viene spogliato di tutte le particolarità presenti in una data immagine fino a conservare solo ciò che gli permette di avere un significato ben preciso (apertura con la funzione di lasciar passare): diventa un concetto. La mente acquista, così, la possibilità di elaborare la realtà che percepisce in infiniti modi, una ricchezza che cambia il modo di pensare del bambino.
La mente diventa operativa Il soggetto è chiamato a scegliere, tra sei immagini diverse, l’unica che va ad incastrarsi perfettamente nel quadro da cui è stata tolta. Il bambino dell’ultimo anno della Scuola dell’Infanzia sceglie in modo immediato. Nel caso in cui la scelta sia sbagliata (nella tavola presentata spesso viene scelto il n° 6), anche se viene consigliato di osservare bene, egli non cambia parere. Solo se gli si conferma che ha sbagliato, procede ad un’altra scelta, senza, però, cercare di capire l’errore. Ciò sta a significare che la decisione dipende dalla percezione degli elementi più vistosi e non dall’esame delle varie parti dell’immagine (non confronta il numero di linee perpendicolari). Infatti, se gli si dice: “Immagina di prendere il pezzo e di porlo al posto giusto nel quadro”, suggerendogli, quindi, un esame a livello mentale dei vari particolari, non cambia la scelta. Qualora invece gli si consenta di provare effettivamente di incastrare il pezzo nello spazio vuoto, il bambino non sbaglia, perché avverte, con la vista, l’errore. Egli si lascia ancora guidare dalla percezione dell’insieme e non compie l’atto di esaminare a livello mentale le singole immagini per poi confrontarle con il quadro principale. Ben diverso è l’atteggiamento del bambino verso i sette anni: la scelta viene fatta dopo che egli ha confrontato le caratteristiche dei diversi pezzi. Se, infatti, gli si dice che ha sbagliato, egli cerca di individuare il motivo dell’errore e nel dare la risposta, istintivamente, segna con la mano lo spostamento del pezzo sul riquadro, dicendo: “E’ vero, questo è quello giusto, perché…” indicando l’operazione che ha compiuto mentalmente nella scelta. Egli ha esaminato ogni elemento nei suoi particolari e poi lo ha confrontato con il quadro in cui lo deve collocare. In tal modo il bambino toglie l’attenzione dall’insieme dell’immagine per cogliere tutti gli aspetti presenti nel singolo elemento.
Il Piaget in un esperimento presentava ai bambini dieci perle di legno di cui otto erano nere e due erano bianche. Faceva mettere in una scatola prima le perle di legno, poi quelle nere e poi quelle bianche, in modo che il bambino sapesse distinguere le diversità tra i vari tipi di perle e questo veniva compiuto con molta facilità. Chiedeva poi se vi erano più perle nere o perle di legno. I bambini di quattro anni affermavano che erano di più quelle nere, perché l’aspetto percettivo immediato mostrava la maggior quantità di perle nere, quelli di sette anni, invece dicevano che erano di più quelle di legno, perché esaminavano le caratteristiche della singola perla, osservando che è anche di legno. Essi compivano questa operazione nella mente non tenendo conto della percezione visiva.
Come si forma il concetto Ogni elemento della realtà viene esaminato sotto due aspetti fondamentali: le proprietà funzionali e le proprietà percettive. Se gli si chiede che cos’è un tavolo, il bambino risponderà: “È dove si mangia”, perché la sua esperienza lega l’oggetto “tavolo” all’azione “mangiare”. Più tardi egli comincerà ad osservare che, sul tavolo, talvolta gioca o fa i compiti e ne deduce che esso ha anche altre funzioni. Così l’immagine primitiva si modifica, arricchendosi di altre proprietà. Ma anche sulla scrivania della sua camera egli gioca o fa i compiti; non mangia, ma lo potrebbe fare. Dal linguaggio quotidiano usato in famiglia il bambino capisce che la parola “tavolo” viene usata per indicare ambedue gli oggetti, mentre il termine “scrivania” è riferito solo per quel mobile particolare. Il confronto tra le due parole porta ad osservare le situazioni diverse e, lentamente, fa capire che alcune funzioni vengono espletate dai due oggetti indistintamente e che in tal caso il termine è “tavolo”, mentre altre azioni sono specifiche di quell’oggetto che si indica propriamente con la parola “scrivania”. Il bambino arriva così a rispondere che il tavolo è “una cosa” su cui si appoggiano degli oggetti e si fanno determinate attività, mentre la scrivania è un tavolo per lo studio. Concomitante all’analisi delle proprietà funzionali, procede, nel bambino, l’osservazione delle caratteristiche percettive e descrittive. Egli si accorge che il tavolo ha una superficie piana su cui si appoggiano piatti, libri o giocattoli o giochi in scatola, che è sorretto da quattro gambe, che può essere più o meno alto e più o meno largo e fatto di materiale diverso. Dall’esame di tutte queste caratteristiche il bambino estrae quelle che sono indispensabili per identificare l’oggetto “tavolo”: “mobile costituito da un piano poggiante su sostegni verticali (gambe)” (Vocabolario Devoto). L’insieme delle proprietà funzionali e percettive individuate hanno formato nella mente del bambino il concetto di “tavolo". Questo passaggio implica un percorso lungo e non facile: il bambino attraverso l’esperienza scopre le caratteristiche e le funzioni degli oggetti di cui viene a conoscenza e, guidato dal linguaggio, assegna loro un significato a seconda del rapporto che si instaura.
Dall’immagine al simbolo, al segno e al suono Scomposto ogni elemento della realtà in base alla forma percettiva e alla funzione è evidente che le combinazioni possibili sono numerose e uno stesso oggetto varia di significato a seconda del rapporto che instaura con altri elementi. Le strisce bianche poste su un foglio nero indicano un’alternanza di colore, segnate su una strada permettono la precedenza dei pedoni, presenti in una bandiera rappresentano uno stato. La luna è il satellite della terra, ma rappresenta, assieme alle stelle, la notte o la dolcezza per l’innamorato. Il fumo che esce dal camino fa sapere che c’è un fuoco acceso, ma può indicare a chi torna a casa l’ora dei pasti, o, d’inverno, il calduccio che lo attende, può annunciare persino l’elezione o meno di un Papa. E’ il rapporto tra la forma percettiva di un oggetto ( il fumo) e la sua funzione (riscaldare il cibo) che determina il concetto (l’ora del pranzo). Da un insieme di immagini si passa, così, ad in insieme di rapporti, che permettono combinazioni all’infinito. Non sappiamo come siano questi rapporti nella mente, ma nella comunicazione vengono espressi attraverso simboli come molti della segnaletica stradale (conservano parte della struttura dell’immagine) e segni (non hanno alcun riferimento con l’immagine). Essi vengono percepiti come immagini, ma vengono letti dalla mente a seconda dell’insieme in cui si trovano. I segnali stradali sono dei disegni ben precisi e colorati, ma vengono percepiti come indicatori di un divieto. Nessuno bada al valore dell’immagine, interpreta subito il significato. In un libro l’aspetto grafico ha la sua importanza, perché facilita o meno la lettura, ma è il contenuto trasmesso da quelle lunghe file di segni che interessa. Esse nascondono o meglio rivelano tutto un mondo. Così pure i suoni che dai primi anni di vita impariamo ad usare attraverso le parole, esprimono un significato ben preciso. Non sono i singoli suoni, segni o simboli che trasmettono il senso di ciò che si vuole esprimere, ma il rapporto in cui sono uniti tra loro. La mente del bambino ora può leggere la realtà ed elaborarla in modo personale e con grande velocità. Dobbiamo, però, pensare che il concetto è solo un nuovo modo di pensare, rimangono ancora molto influenti gli altri contenuti della mente (schemi sensomotori e immagine). Egli può nella sua mente esaminare i singoli momenti della sequenza in cui l’amico gli fa lo sgambetto e lui reagisce contraccambiando e può capire che l’amico può averglielo fatto senza alcuna intenzione cattiva, per cui non è opportuna una reazione. Egli capisce che è giusto rispettare il suo compagno, per poter essere lui stesso rispettato, ma la reazione sensomotoria non sarà facilmente bloccata dal concetto del “rispetto”, come quando è preso in giro, fa fatica a dare la precedenza al pensiero che gli dice di non arrabbiarsi, rispetto all’immagine di rimandargli qualche altra offesa. Il rapporto tra le componenti dell’intelligenza si evolve lentamente, influenzandosi a vicenda e il nuovo modo di pensare (il concetto) potrà frenare le reazioni sensomotorie e le emozioni provocate dell’immagine facendo capire i danni che esse possono provocare, o promuoverle per i vantaggi che possono creare. Pensiamo all’importanza dell’immagine nella creatività artistica, in cui l’astrazione permette l’uso delle tecniche, ma il contenuto viene dato dalle emozioni e dai sentimenti in cui la realtà viene colta. Così pure nel campo dell’atletica la forza fisica, l’abilità dei movimenti sfrutta l’immagine per raggiungere una sicurezza nell’azione e l’astrazione per individuare le tecniche più adatte a raggiungere un risultato.
L’apprendimento della lettura Il bambino ammira sempre quando l’adulto sa trarre, da numerose file di segni, meravigliosi racconti che lo fanno sognare. Ora lo può fare anche lui e normalmente lo fa con grande entusiasmo. Le singole lettere sono dei segni e, come fossero un’immagine, non trova difficoltà a memorizzarle, unendole a determinati suoni. Quando, però, passa ad unire i singoli segni, subentrano le prime difficoltà, perché non deve badare ai segni, ma ai suoni che producono e scopre che dopo averli sillabati, leggendoli velocemente, essi richiamano parole che fin da piccolo conosce. Così da una visione di segni passa alla visione di un oggetto, indicato da quei segni. Le quattro lettere C A S A viste separatamente non hanno alcun valore, ma unendole insieme esprimono la parola “casa” che è “la costruzione in muratura con porte, finestre in cui abitano le famiglie”. La casa che lui conosce non ha nulla che assomigli a quei quattro segni, ma ora comincia a identificarla con essi. E’ un passaggio meraviglioso e non facile. I segni o i suoni, presi separatamente, non hanno alcun senso, uniti insieme assumono un significato ben preciso. Già da piccoli i bambini collegano un insieme di suoni agli oggetti indicati dagli adulti: le parole diventano l’etichetta di un oggetto, e rappresentano l’oggetto stesso (per il bambino piccolo un oggetto non può che chiamarsi così). Le parole fino ai sei anni non sono viste come un’unione modificabile di suoni, ma come un’insieme di suoni immutabile, cioè un’etichetta. Ora, il bambino prende coscienza che la parola è costituita dal rapporto di alcuni segni o suoni e che ogni cambiamento di essi modifica il senso di ciò che viene indicato. Il mondo esterno con i suoi colori, forme, suoni e profumi può essere comunicato a chi non lo percepisce, attraverso segni e suoni che nulla hanno a che vedere con le immagini che la vista propone, ma che le fa riemergere nella mente dell’altra persona. Il vantaggio di questo passaggio sta nella possibilità di moltiplicare all’infinito le capacità espressive, modificando gli stessi segni o suoni.
La parola esprime un mondo Dai sei agli otto anni le parole si riempiono di significati: prima erano un’etichetta, ora sono la conoscenza dei rapporti che le costituiscono: la “nuvola” prima era “un ammasso roseo che vagava nel cielo sospinta dal vento o un ammasso scuro che ristagnava in un cielo cupo”, ora “un insieme di minutissime particelle di acqua in sospensione nell’atmosfera che formano ammassi vistosi di varie dimensioni e colorazioni e quando sono molto cupe scendono a terra a forma di pioggia”. La parola “casa” si riempie delle esperienze che il ragazzo fa: l’edificio con le varie stanze dove passa le ore più serene, la sicurezza nei giorni di freddo, di pioggia e nella notte, l’affetto dei genitori e dei fratelli, i suoi giocattoli sempre a disposizione. Essa esprime un insieme determinato di elementi, che assume un significato a seconda di come si rapportano tra loro, infatti non possiamo identificare la casa con la famiglia, anche se ha con essa un rapporto molto stretto, così non possiamo identificarla con edificio, perché ne è solo un tipo di edificio, né con protezione, perché ne manifesta solo l’aspetto fisico. Ogni combinazione di elementi caratterizza il senso della parola. Questo è il nuovo modo di pensare del ragazzo: opera rapporti tra elementi, identificando i legami che intercorrono tra loro e li esprime attraverso le parole. Avviene a questo punto uno stretto rapporto tra parola, esperienza vissuta e pensiero. L’esperienza coglie nuovi particolari (es. il calore della casa nel freddo inverno) che si aggiungono al concetto (casa come protezione), arricchendo il senso della parola, così la parola “protezione” unita a “casa” può spingere il ragazzo ad osservare come la casa svolga tale funzione nei giorni invernali o nei giorni di pioggia e il concetto “casa” assume una nuova funzione. Si apre davvero un mondo nuovo al ragazzo che spinto dalla curiosità vuole sperimentare ogni cosa e conoscerla. Si immerge nel “bosco” e scopre nel silenzio: il rumore del vento, il canto degli uccelli, lo scricchiolio dei rami; con il tatto avverte la morbidezza delle foglie, il tappeto morbido d’erba, rametti, radici; con l’odorato assorbe il profumo che proviene dalla terra, dalle foglie, dai fiori; con la vista contempla il verde tenero della primavera o il rosso arso dell’autunno, i variopinti fiori che lo adornano durante tutto l’anno.
Il “che cos’è” diventa la caratteristica di questo periodo, per cui il ragazzo osserva le differenze di ogni elemento che incontra nella sua esperienza, come si compone, la collocazione nello spazio, le funzioni che svolge. Ogni cosa viene esaminata sia sotto l’aspetto percettivo che funzionale. L’autunno è la stagione che chiude il periodo delle vacanze e crea nell’animo un senso di tristezza, ma la varietà dei suoi colori rende gioioso l’animo, pur esprimendo una visione del mondo che perde la vita; i suoi frutti richiamano all’intimità attorno al fuoco in compagnia di amici. Essendo il linguaggio verbale l’elemento fondamentale per promuovere la conoscenza, la scuola diventa una fucina importante e basta sfogliare i brani di lettura dei primi due anni della Scuola Elementare per deliziarci delle infinite ricchezze presenti nel mondo della natura e degli animali. La fantasia mescola ancora l’immaginario con il reale: il bambino smette di credere ai gnomi, ma li sente ancora suoi amici e non vuole certo disfarsene, come non può togliersi la gioia di una chiacchierata con il suo cagnolino. Fino agli otto anni il ragazzo si delizia a scoprire la varietà delle cose, osserva anche i rapporti che vi sono tra di loro, ma dà poca importanza alle leggi della natura. I personaggi delle fiabe perdono l’alone del mito, ma conservano il loro fascino.
Il concetto di numero Se ci fermiamo a guardare una via del nostro paese, osserviamo i vari tipi di case, che la fiancheggiano, i lampioni della luce posti ai margini della strada, il marciapiede che corre lungo il muretto di cinta dei giardini ricchi di fiori e alcune piante molto elevate che separano la pista ciclabile dalla strada. Questa è la descrizione più spontanea che riguarda le qualità degli oggetti e la loro collocazione nello spazio, ma si può, anche passare alla rilevazione delle quantità: il numero delle case, dei lampioni e delle piante, la lunghezza dei marciapiedi e la larghezza della pista ciclabile e la distanza tra la strada e le case. Il bambino nelle sue attività fin dai primi anni fa uso delle quantità e spesso le traduce in un numero. Già a quattro, cinque anni conosce diversi numeri e sa anche contare gli oggetti che gli vengono proposti. All’inizio della scuola elementare gli viene richiesto, come per la lettura, di unire i suoni ai segni imparando così a riprodurre per scritto i numeri che pronuncia. Questo apprendimento non implica difficoltà, perché si tratta di memorizzare dei segni, unendoli a dei suoni.
Se al bambino si chiede di contare sette palline che ha di fronte, lo fa con facilità, se poi vengono aggiunte altre tre e gli si chiede quante sono, lui ricomincia a contare dall’inizio e ci dice con precisione che sono dieci. Ben diverso è se gli si impedisce di contare dall’inizio della fila, perché conosce i numeri in successione: l’otto è il numero che viene dopo il sette e il dieci dopo il nove: contando tutte le palline, l’ultimo numero è quello che dice quante sono. Se al bambino si chiede quanto fa cinque più due, egli comincia a contare con le dita e ci dà la risposta. Se gli si impedisce di cominciare dall’inizio, trova difficoltà. I maestri un tempo consigliavano di immaginare di mettere in tasca il numero cinque e aggiungere le due unità richieste. In questo modo si arrivava alla soluzione: era il primo passaggio al concetto del numero, perché il cinque non veniva visto solo come il numero dopo il quattro, ma come quello che contiene tutti i numeri precedenti che erano inclusi nella tasca. Ora lo si fa con i regoli, che favoriscono la comprensione del numero come l’insieme dei numeri precedenti.
Il passaggio successivo è quello di scorporare il numero dal riferimento agli oggetti che vengono contati. Nella mente del bambino il segno 5 può riferirsi a un insieme di cinque casette, cinque monete o cinque figure geometriche, quindi può riferirsi a tutti gli insiemi che contengono cinque oggetti. Il passaggio alla decina necessita di questo passaggio e pretende anche l’abbandono degli oggetti stessi: il numero vale per se stesso, è l’espressione di una quantità.
Il concetto permette il confrontoTra il sesto e il settimo anno il ragazzo chiarisce a se stesso le parole che già da tempo usa e conosce, riempiendole degli elementi che le caratterizzano: ora sono espressione del concetto che diventa operativo nel confronto con gli altri concetti. Il confronto tra “casa” e “uomo” fissa il rapporto che quest’ultimo ha con essa, in quanto la costruisce o la possiede o la abita. Nello stesso modo qualsiasi concetto può rapportarsi con altri concetti scoprendo elementi comuni e altri che si escludono. L’operatività mentale ora non ha limiti di espansione e di arrichimento.
La regola mette ordine nel mondo mentale Il confronto pretende una regola o legge che indichi il rapporto con cui i concetti stanno insieme o si differenziano. “Casa”, “albero”, “cane”, “uomo” confrontati tra loro in base al tipo di essere evidenziano le caratteristiche di inanimato, vegetale, animale, animale intelligente.
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